Foto di Enuice Ingham, la madre della riflessologia plantare

La riflessologia plantare e la sua storia

29 Settembre 2023

La riflessologia plantare e la sua storia

Introduzione alla storia della riflessologia plantare

Riflessologia nel passato

L’importanza data all’arto inferiore, nel corso della storia in svariati ambiti e financo in ambito religioso, è notevole. Soprattutto l’ambito simbolico ci fa capire la centralità di questa parte del corpo nel pensiero e nell’antropologia di tante culture anche molto diverse tra loro, sia nello spazio sia nel tempo.
Per quanto concerne le pratiche terapeutiche riguardante il piede si hanno notizie molto antiche ma frammentarie, è plausibile che, visto il carico simbolico, esso avesse un posto centrale in determinate procedure che potremmo definire “mediche”. Si hanno notizie varie di pratiche manipolatorie riguardanti i piedi (o le in generale, le estremità del corpo) dall’America (specificatamente da alcune tribù indiane), dall’India, dalla Cina ma anche dall’Europa medievale e rinascimentale.

Una parte è il tutto

In Cina, oltre ad usare il piede come elemento diagnostico, abbiamo notizie del massaggio On zon su (1)  codificato attorno al 500-450 A.C.4 e in India la medicina ayurvedica riserva al piede un particolare massaggio: il padabhyangam.

È noto altresì fin dall’antichità, si potrebbe dire da sempre, dell’unitarietà dell’essere umano dove tutto fa parte di un unico sistema interconnesso e che intervenendo su una parte specifica si interviene sul tutto, o per meglio dire il tutto è riflesso su una parte. Anche in epoca moderna, benché oscurate da una filosofia medica differente e dalla moderna diagnostica, queste particolari relazioni e approcci non sono state abbandonate. Infatti sono molteplici gli studi che fanno riferimento alla “teoria dei riflessi” a partire dalla prima metà del XIX secolo.

La Riflessologia e la sua storia in epoca moderna

Per quanto riguarda la riflessologia plantare per come la intendiamo noi oggi i primi passi si fanno risalire al medico otorinolaringoiatra William H. Fitzgerald (1872-1942). Membro attivo di associazioni mediche americane e medico stimato, arricchì i suoi studi e le sue esperienze presso gli ospedali di Londra e Vienna. A Vienna venne a contatto con degli studi fatti da alcuni ricercatori europei sulla teoria dei riflessi, in base anche a queste conoscenze tornato negli Stati Uniti continuò le ricerche e sperimentazioni. Convinto che la pressione diretta su certi punti del corpo produceva degli effetti analgesici su delle altre parti, approfondì su se stesso e sui suoi pazienti alcuni sistemi empirici: mollette da bucato o elastici applicati sulle punta delle dita per controllare il dolore, pettini da stringere con le mani e via dicendo.

Nascita della Terapia Zonale

La notizia di questi esperimenti giunse all’attenzione di Edwin Bowers, un medico che scriveva su vari giornali americani, che incuriosito si recò da Fitzgerald per studiare il suo metodo. Convinto dei risultati illustrò pubblicamente i trattamenti e la chiamò terapia zonale. Dalla collaborazione dei due nacque, nel 1919, il libro Zone Therapy. Fitzgerald sistematizzò il trattamento suddividendo il corpo umano in dieci zone longitudinali, cinque a ogni lato della spina dorsale, chiamandole le dieci vie invisibili di energia, ipotizzando che queste linee creassero un collegamento energetico tra gli organi che attraversavano.

Si interessò a questo sistema anche un altro medico, il dottor Joe Shelby Riley, che avvalendosi dell’aiuto della terapista e sua collaboratrice Eunice Irgham, cominciò a dedicarsi alla sperimentazione del metodo zonale. Egli tuttavia si esercitò specialmente sull’uso della compressione con le dita poste ad uncino senza ausilio di altri strumenti.

La madre della Riflessologia occidentale

 

Enuice Ingham

 

Fu proprio Eunice Ingham a scoprire tra l’altro che un’altra parte del corpo era ancora più sensibile delle mani, i piedi. Essa, raccogliendo e sistemando i dati di Fitzgerald, compose le prime mappe dei riflessi degli organi interni sulle piante dei piedi e diede un importante contributo alla riflessoterapia. Introdusse anche due novità che ebbero una grande ripercussione sulla terapia: – La tecnica di lavoro della pressione intermittente per ottenere un risultato terapeutico invece della semplice riduzione dei sintomi del dolore – La descrizione e la raffigurazione di tutto il corpo sui piedi La Ingham contribuì alla diffusione del metodo tenendo diverse relazioni, conferenze e corsi di approfondimento negli USA e pubblicando due libri: Stories the feet can tell (Le storie che i piedi possono raccontare, 1938) e Stories the feet have told (Storie che i piedi hanno raccontato, 1951)2, contribuendo a divulgare quello che era oramai diventata a tutti gli effetti la riflessologia plantare come la conosciamo oggi.

La Riflessologia plantare oggi

Successivamente la riflessologia fu introdotta in Inghilterra e in Germania, rispettivamente da Doreen Bayley e Hanne Marquardt, entrambe allieve della Ingham, poi in Francia, Unione Sovietica, Svezia e negli altri paesi europei. In Italia, quello che ha maggiormente contribuito alla sua diffusione fu Elipio Zamboni che dopo aver frequentato, nel 1974, la scuola della Marquardt in Germania, decise di divulgare la tecnica riflessologica svolgendo corsi allo scopo di formare nuovi riflessologi e successivamente aprendo, nel 1988, una scuola triennale, la FIRP (Federazione italiana reflessologia del piede e dei punti riflessi). Attualmente in Italia molte scuole insegnano e divulgano la riflessologia plantare.

Su che cosa si basa

Dopo aver velocemente parlato della riflessologia plantare e la sua storia possiamo dire, in sintesi, che il principio su cui si basa, come tutte le pratiche di riflessoterapia, è che nei piedi sono presenti dei punti che agiscono di riflesso in corrispondenza di tutte le ghiandole, gli organi e le parti del corpo, in sostanza l’intero corpo è proiettato sui piedi. E agendo su questi punti, con un corretto metodo di stimolazione, si interviene sul punto o apparato corrispondente.

Tanti sono i benefici che si possono riscontrare, tra cui:

Ridurre lo stress e la tensione
Migliorare il flusso sanguigno e linfatico
Aiutare la naturale auto guarigione del corpo

(1)
Da un certo Mo Tse (Mak Zi), riscoperto dopo tanti anni è praticato a tutt’oggi.

Per approfondire:

Storia documentata della Riflessologia (in inglese)
D. C. Bayers, 1998, La riflessoterapia del piede, Edizioni Mediterranee
A. Savino, O. De Clemente, 2015, riflettere con i piedi, Nuova Ipsa Editore

 

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